Mesenotizie la voce delle province

Arezzo - È il presidente dell'Associazione delle Partite iva APIT ITALIA Massimo Gervasi a richiamare l'attenzione delle istituzioni ed amministrazioni.

Commenta Gervasi: "Una piaga economica quelle di molte imprese, che non ha mai fine; ora è il turno dell'acqua: previste limitazioni nell'utilizzo dell'acqua e bollette spropositate".
Da qui la denuncia di Gervasi: stiamo già pagando bollette dell'acqua fuori controllo, ed in questo momento ingiustificate. Questa volta il governo intervenga subito, ma senza strumentalizzazioni".
Già con la crisi energetica nessuno si è preoccupato di ristorare o rimborsare le aziende vittime delle tariffe gonfiate, neanche quando venivano scoperti gli abusi e le speculazioni in atto di molti fornitori e distributori di energia elettrica, gas e carburanti. Persino con gli extraprofitti il Governo ha fallito. Sono molte le aziende coinvolte in settori strategici della produzione e servizi che non possono prescindere dal consumare acqua: l'agricoltura, gli allevamenti, le tintorie, le lavanderie, le cartiere, l'industria elettronica, l’industria alimentare, gli albergatori. Continua Gervasi: "migliaia le imprese ed i lavoratori in sofferenza, con il rischio di deindustrializzazione dei territori, saracinesche abbassate, campi incolti e più disoccupazione; non agire adesso sarebbe una grave colpa".
È su questo punto che Gervasi tira le somme e propone le sue soluzioni.
"Il problema della siccità si ripropone ogni anno e le cause sono sempre le stesse: la cattiva gestione di chi dovrebbe riparare e manutenere gli impianti di raccolta e distribuzione dell'acqua".
"Ad oggi i dati complessivi indicano un generale aumento dei costi delle tariffe e uno scarso miglioramento infrastrutturale, segnato soprattutto dal livello ancora alto delle perdite di acqua. Inefficienze che ricadono sui contribuenti in quanto le perdite vengono spalmate sulle bollette dei cittadini, che pagano l’inefficienza di un servizio privato o a partecipazione privata. In molti casi i gestori privati, pur di alimentare gli utili della propria impresa, non portano a termine neppure gli investimenti che erano in programma, già approvati e di fatto già pagati in bolletta dai cittadini".
Insomma, un sistema questo che sfugge all'attenzione di molte amministrazioni e che arricchisce i gestori con i soldi pubblici a danno del sistema idrico, del servizio pubblico e della collettività.
Uno spreco che si aggira intorno ai 104.000 litri al secondo: ben 9 miliardi di litri al giorno, pari al 42% dell'acqua che scorre lungo gli oltre 500.000 km di acquedotti.
Ma scopriamo gli altarini. Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), tra le urgenze, c’è anche la questione dell’approvvigionamento e della distribuzione idrica, al punto: “Tutela del territorio e della risorsa idrica”.
La normativa, per la quale sono stanziati 15 miliardi di euro, dovrà garantire la sicurezza dell’approvvigionamento oltre che una gestione sostenibile ed efficiente delle risorse idriche, da raggiungere attraverso interventi diretti sulle perdite, in modo da ridurle del 15%. Per raggiungere questo obiettivo, secondo il governo, occorrerà affidare il servizio “a gestori efficienti” con adeguate capacità industriali per provvedere agli “interventi programmati".
Ed ecco svelato il trucco. Nella sostanza, mascherando il provvedimento come tentativo di rafforzamento del processo di industrializzazione del settore tramite l’unione delle risorse economiche di approvvigionamento e la semplificazione delle procedure, di fatto si favorisce la privatizzazione attraverso la promozione di modelli di gestione delle grandi aziende quotate in Borsa.
LA CONTROPROPOSTA DI GERVASI: “Comuni, provincie e regioni sono gli enti che meglio conoscono il territorio e le sue problematiche e sono anche gli enti che meglio conoscono le aziende private che su quel territorio operano. La soluzione migliore potrebbe essere quella di affidare agli enti pubblici la gestione burocratica dell’acqua e ai privati del territorio le manutenzioni ordinarie e straordinarie. In questa maniera il cittadino avrebbe la certezza di un prezzo stabilito per legge e lo stato avrebbe la garanzia che tutti gli investimenti stanziati rimarrebbero sul territorio compresa la quota tasse che, in caso di coinvolgimento di grandi aziende, volerebbe verso paradisi fiscali in cui le stesse hanno trasferito da tempo le loro sedi”.


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