Mesenotizie la voce delle province

Arezzo - Massimo Gervasi, presidente di Apit Italia, Associazione Partite Iva sul Territorio, interviene per spingere il Governo a prendere provvedimenti per venire incontro a lavoratori e famiglie, penalizzati da stipendi fra i più bassi d'Europa, invitandolo a dare vita ad azioni anche coraggiose in un momento tanto buio per il nostro Paese.
“Gli stipendi italiani sono bassi in termini assoluti e negli ultimi 30 anni sono addirittura in diminuzione- afferma -lo confermano i dati Inps riguardanti il lavoro dipendente nel settore privato: soprattutto, nonostante gli anni di crescita economica, le disuguaglianze sono aumentate. Il problema non deriva solo da paghe orarie basse, ma anche da un numero di ore insufficienti per il gran numero di contratti part-time o a tempo determinato. Inoltre, occorre considerare che non ci sono più meccanismi di recupero legati all'inflazione o a scatti di anzianità realmente funzionanti. Rimane solo la contrattazione collettiva, in quasi tutti i settori. Per risolvere l’anomalia degli stipendi bassi, Consiglio e Parlamento Europeo ribadiscono il concetto del 'salario minimo', che deve garantire un tenore di vita dignitoso; per questo la cifra concordata dovrà essere aggiornata almeno ogni due anni, e fino a quattro per chi prevede già un'indicizzazione automatica all'inflazione. Non solo: discutono anche di un 'Automatic indexation', la vecchia 'scala mobile', che dovrà essere applicata come meccanismo automatico per la salvaguardia dei redditi nei confronti dell’inflazione. La competenza, comunque, rimane degli Stati nazionali, che dovrebbero anche rafforzare la contrattazione collettiva. Analizziamo i due suggerimenti anche tornando indietro nel tempo: la scala mobile venne introdotta in Italia nel 1945, in seguito a un accordo tra Cgil e Confederazione generale dell’industria italiana; prevedeva un meccanismo di indicizzazione automatica dei salari in funzione degli aumenti dei prezzi di determinate merci. Fu il governo Amato che, dopo la firma del protocollo triangolare tra Governo e parti sociali (sindacati e imprese), la abolì definitivamente il 3 luglio 1992, asserendo che fosse proprio questo meccanismo automatico di salvaguardia, che aumentava gli stipendi, il principale responsabile dell’aumento dell’inflazione. La voce ‘scala mobile’ fu inclusa nella paga base o nel minimo contrattuale. In fase di contrattazione sindacale per tale voce, dall’anno 2009, si fa riferimento a un apposito indice elaborato dall’ISTAT. Il salario minimo, in Italia, sarà lo strumento per far entrare i sindacati nelle piccole aziende; dopo i danni fatti in quelle grandi, potranno mettere in pericolo anche queste, senza introdurre tutele per i lavoratori. Un regalo per organizzazioni che ormai non rappresentano più nessuno.
Perché la UE insiste sul salario minimo? L’Italia è uno degli stati d’Europa a non avere ancora una legge sul salario minimo garantito, ed è fanalino di coda rispetto all’Europa. Nella UE infatti, su 28 nazioni, ben 22 ne hanno già una che lo prevede. Danimarca, Finlandia, Svezia e Austria, con Cipro e l’Italia, ne sono sprovviste. Ma occorre precisare che solo Italia e Cipro necessiterebbero di un salario minimo: nelle altre gli stipendi sono ben oltre la media europea. E non è un caso se, in generale, il salario minimo è presente in quelle nazioni dove i sindacati sono poco operativi oppure c’è una debole copertura dei contratti nazionali. Attenzione, però: se nella contrattazione collettiva i lavoratori non saranno adeguatamente tutelati, il salario minimo potrà diventare anche il salario massimo, con il rischio di una ulteriore diminuzione degli stipendi. Senza contare che ci sono ben 985 contratti vigenti; chi controllerà che tutti abbiano il salario minimo? Il problema stipendi è della massima importanza, non si può risolvere solo seguendo le direttive europee, create esclusivamente per mantenere la dipendenza degli stati più deboli verso i più forti; ben venga il salario minimo, l’importante sarà sorvegliare adeguatamente le trattative in modo che tutti siano tutelati. Fondamentale sarebbe il ripristino della ‘Scala mobile’, meccanismo di tutela dei salari estremamente efficace studiato per la salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie, che se mantenuto, avrebbe portato gli stipendi dei dipendenti italiani ai livelli massimi nella UE.
Ma occorre introdurre il concetto che tutte queste cose si possono fare solo se introduciamo dei meccanismi che ci permettano di utilizzare risorse che solo una nazione padrona della propria sovranità monetaria può utilizzare. È arrivato il momento di introdurre la possibilità di utilizzare una moneta parallela all’euro, emessa dallo stato non a debito, che porterebbe l’Italia al pari delle nazioni più ricche.
Sono consapevole che finisco sempre i miei interventi nel solito modo, ma che ci posso fare, se penso che questa volta il ‘vorrei ma non posso’ uscirà vincitore con il ‘voglio perché posso’.”


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