Pubblicato il 09 settembre, 2023
PESCIA - Con questa lettera indirizzata a tutti i parrocchiani di Castellare di Pescia, Don Stefano Salucci si è accomiatato, prima del trasferimento al Santuario della Fontenuova di Monsummano Terme.
"Carissimi,
con quest’ultima lettera vi saluto: dopo molti anni di servizio come Parroco del Castellare il Vescovo Roberto mi ha chiesto la disponibilità a trasferirmi nella Basilica Santuario di Maria SS. della Fontenuova in Monsummano Terme ed io ho serenamente accettato, sicuro che in questa richiesta del nostro Pastore sia la volontà di Dio.
Nella prima lettera che vi scrissi dopo il mio arrivo tra voi era contenuto l’augurio che quel Natale del 2004 fosse il primo di una lunga serie: mai avrei immaginato che sarebbe stata così lunga! Eppure questi anni mi sono sembrati brevi (come il poeta Montale dice nei versi sopra citati) tanta l’intensità con la quale li abbiamo vissuti.
Dico “li abbiamo” perché è stato un tempo di cammino fatto assieme ed un tempo di reciproca conversione. La prima conversione è stata la vostra, che dopo trent’anni di ministero di don Mario De Molo avete dovuto imparare a sopportare le esuberanze giovanili di un pretino senza esperienza, mandato qui un po’ allo sbaraglio dalla fiducia del Vescovo Giovanni De Vivo.
Poi, col tempo, c’è stata anche la mia conversione, avvenuta quando, gradualmente, ho abbandonato tanti miei schemi e precomprensioni ed ho imparato ad amarvi nella semplicità di come siete, senza fare distinzioni tra chi viene in chiesa e chi no, tra chi mi era congeniale e chi meno: insomma, quando attraverso di voi sono stato generato alla paternità.
Si, perché nella Chiesa, come anche nella vita, figli si nasce, ma padri e madri lo si diventa: e voi mi avete fatto diventare padre e un po’ anche madre, perché stando tra voi ho sperimentato anche il dolore e la sofferenza che la generazione comporta. Infatti accanto a tanti momenti belli ed entusiasmanti ne abbiamo anche conosciuti altri di sofferenza e questi sono stati - adesso lo vedo bene - occasioni feconde di crescita sia spirituale che umana.
Sono altresì consapevole di dover chiedere perdono di molte cose, soprattutto di tante “uscite” sopra le righe, dovute all’irruenza del mio temperamento. Alle singole persone, alle quali in qualche modo mi sono reso conto di aver mancato di carità, ho sempre avuto l’abitudine di chiedere scusa subito, perché, come dice l’Apostolo, “non tramonti il sole sopra la vostra ira e non date occasione al diavolo” (Efesini 4, 26-27). Ad altri che posso avere trascurato o anche sia pure inavvertitamente, offeso, chiedo di perdonarmi.
Infine voglio ringraziarvi, ma poiché si sa che nei ringraziamenti si lascia sempre fuori qualcuno, lo faccio collettivamente: grazie per la vostra vicinanza, pazienza, per il vostro fattivo aiuto, per la preghiera, per la carità che mi avete usato.
Accettare la proposta di andarmene mi è costato più di quanto avessi preventivato: ma, sinceramente, preferisco soffrire per avervi amato che non soffrire affatto per non averci provato. Adesso sento di andarmene via migliore di come sono arrivato, sia come prete che come uomo, e di questo non posso che ringraziare voi e il Signore, che ha guidato il nostro cammino insieme.
Vi lascio sereno nelle mani di padre Lorenzo Frattini, che sono sicuro imparerete ad amare come avete fatto con me e che con la sua grande esperienza, che gli viene da tanti anni di servizio missionario in Africa, camminerà con voi nella strada che il Signore ha preparato.
In questi lunghi anni ogni volta che tornavo in parrocchia, dopo essermi assentato anche per poco, entrando dalla parte bassa, alla Pescia Morta, o da quella alta, alle Casacce, o anche dal ponte degli Alberghi, ho alzato il braccio per benedirvi: anche adesso, abbracciando tutti e a ciascuno, per l’ultima volta, invoco su di voi la benedizione del Signore."