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PESCIA - Nelle prime ore del mattino, dopo aver lottato per oltre un mese con la malattia, è scomparso Alfio Pace. In ottobre avrebbe compiuto 81 anni, era conosciuto e apprezzato in tutta la città, dove a lungo aveva gestito il ristorante pizzeria dal Pucci, attività che era stata fondata nel 1950 da Giulio Pucci, che poi divenne suo suocero.
Per anni ha lavorato nel locale affiancato da tutta la famiglia: prima la moglie Luana Pucci e i cognati Mila Pucci e Pietro Del Freo, poi i figli Alessandro e Fulvio, il primo in cucina, il secondo in sala.
Un esempio per tutti, un modello di anfitrione: dall’aria burbera, ma divertente, simpatico, generoso: i suoi clienti ricordano con affetto quegli scherzi che caratterizzavano la sua gestione, i più noti e popolari quello della tazzina di caffè che si rovescia addosso al cliente, ovviamente vuota, e quello del vassoio che cade a terra.
E poi, il mattarello appeso al muro, con la scritta ‘chi non paga l’adopero’.
Mercoledì, alle 17, il funerale, presso la chiesa di San Michele; al termine, l’ultimo viaggio di Alfio Pace terminerà al cimitero comunale centrale, in via Squarciabocconi.
Facile rpevedere che saranno in molti a volerlo accompagnare e a porgergli l’ultimo saluto.
Già a poche ore dalla notizia della sua morte, migliaia i messaggi di cordoglio arrivati alla famiglia.
Fra gli altri, quello del nipote Marco Del Freo.
“Per me è stato come un padre- ha scritto -Siamo cresciuti, siamo adulti e ognuno con la propria vita, ma le radici sono comuni fra me i miei fratelli e i miei cugini che per me sono come fratelli, Fulvio e Alessandro.
Io che ne ho sempre tante, non ho parole per esprimere cosa provo.
I ricordi della mia infanzia sono tutti accavallati adesso, sempre insieme in ogni occasione, le vacanze passate insieme sempre in Sardegna in Puglia, a Tirrenia, sempre tutti insieme.
I Natali passati insieme, le polemiche sul mare pulito di Castiglioncello e del mare sudicio di Viareggio, la macchina con quel sonino che faceva "ridere" tutti.
Ma sempre li, sempre gomito a gomito nella "vecchia" pizzeria Pucci, la nostra vera casa fin da piccoli, le brontolate che ci dava come se tutti e noi 5 figli fossimo i suoi figli, tutti figli di quel quartetto di genitori che lavoravano sempre insieme, sempre al lavoro li, in quel ristorante ma sempre presenti, sempre attenti.
Le discussioni dopo i tornei di tennis a Colleviti, Moser contro Baronchelli di quei due ragazzi, Pietro e Alfio, che io sentivo seduto al separé sotto la televisione della vecchia Pizzeria, casa mia, ma che dentro di me mi facevano ridere a crepapelle.
A volte ci arrabbiavamo anche, ma gli insegnamenti di questa grande famiglia allargata, la mia famiglia allargata, mi sono serviti per fare le scelte.
Anche quelle più difficili, anche quelle più discusse e che spesso hanno giudicato i cari pesciatini.
Ma lui no, insieme alla mia famiglia mi ha sempre sostenuto, sponsorizzato incoraggiato e difeso SEMPRE.
Lui, sempre fiero di me anche quando non ero in televisione.
Mi ha(nno) reso grande e con le spalle grandi, il mio zio Alfio che però in realtà si chiama Antonio.
Il mio cuore è rotto ma è lì, fermo lì fra quei ricordi, fra tutte quelle persone che amo tanto.
Le persone come lui dovrebbero vivere per sempre, ma non è possibile lo so. Io sarò sempre grato a quest'uomo, a questo mio unico zio, per quello che mi ha dato in tutta la sua vita, io c'ero quando i miei zii si sono incontrati per la prima volta. La mia zia mi teneva in braccio quando si incontrarono. Avevo sei mesi. Mi voleva far saltare sulla "tenda Vèrde" con quell'accento ligure che poi svanì facendolo diventare un pesciatino DOC tempo zero. Io ho un ricordo immenso di lui, il mio unico zio che ho vissuto come un padre. Anche Pescia gli deve molto. Mi lascerà un vuoto che adesso non so quantificare, ma mi lascerà anche tanto, tanti ricordi, tanti insegnamenti di quest'uomo unico che nonostante i suoi baffi incazzati riusciva spesso a piangere insegnandoci che anche gli uomini possono farlo”.


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